La casa non si tocca. E’ un bene superiore a cui tutti siamo legati come luogo fisico in cui vengono contenuti i nostri affetti e i nostri sentimenti più profondi. Questo vale certamente anche per le migliaia di nuclei familiari ai quali l’Amministrazione Capitolina eroga il servizio di emergenza alloggiativa e che lo scorso 23 settembre si sono dati appuntamento sotto al Campidoglio (anche loro) per contestare l’operato del signor sindaco. L’oggetto della protesta è una Delibera della giunta capitolina di qualche giorno fa, che indica le nuove linee guida per i centri di assistenza alloggiativa temporanea (i cosiddetti C.A.A.T.), l’assegnazione di alloggi E.R.P. (edilizia residenziale pubblica) e il contributo affitto per gli aventi diritto. Il tema è certamente caldo e tocca pesantemente le casse di Roma Capitale in quanto le suindicate strutture ci costano oltre 35 milioni di euro all’anno. Va riconosciuto comunque che il tentativo di razionalizzare tale spesa, è cosa buona e giusta proprio per garantire la sostenibilità e la continuità del servizio stesso. Ma allora perché la colorata manifestazione di migliaia di persone? Ci sono due ragioni principali, una di metodo e una di merito. Nel metodo rileviamo che una decisione così importante è stata presa nella più completa autonomia dalla giunta capitolina senza confrontarsi con nessuno. Né con la propria maggioranza e con l’Assemblea Capitolina, né con i vari movimenti per la casa molto cari alla sinistra e né tantomeno con i diretti interessati che aggiungono altre ansie a quelle di ogni giorno. Tutto questo in barba ai tanto decantati principi di “partecipazione” e “condivisione” con cui il sindaco ciclista si era riempito e ancora si riempie la bocca. Ma nel merito la questione è ancora più pesante. La delibera prevede una erogazione di un buono uscita “una tantum” di 5000,00 euro e, congiuntamente, di un buono casa di euro 700,00 mensili per 4 anni, come contributo per la stipula di nuovi contratti di locazione. Ora la domanda sorge spontanea, ma di quale altra locazione si parla? Nessuna sicurezza è stata data e il timore delle migliaia di famiglie è proprio quello di vedersi certificato il solo diritto di ritrovarsi sotto ai ponti senza casa e senza poter più chiedere nulla a nessuno. Il sindaco Marino faccia atto di umiltà e ammetta che ancora una volta ha sbagliato ad amministrare la città. Trovare soluzioni a problemi importanti come l’emergenza casa non si può fare con la teoria, bisogna condividere e ascoltare le esigenze del territorio avendo, prima di tutto, il massimo rispetto per i sentimenti e per gli affetti delle persone.