Nuovo elenco per il fact-checking.
Gli altri impegni non mantenuti del premier
a) IL PAGAMENTO DEI DEBITI DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
Il 24 febbraio 2014, nel suo discorso alle Camere per la fiducia, il presidente del Consiglio si impegna a pagare tutti i debiti residui della Pa.
Il 12 marzo 2014, in conferenza stampa, Renzi quantifica in 68 miliardi l’ammontare di debiti residui e si impegna a pagarli entro luglio 2014.Il giorno dopo (13 marzo 2014), intervenendo in tv alla trasmissione Porta a Porta, il presidente del Consiglio sposta avanti di 3 mesi, al 21 settembre, San Matteo, la deadline.
A che punto siamo oggi?
Sul sito del ministero dell’Economia e delle finanze l’aggiornamento è del 28 marzo 2014 e i debiti della Pa pagati ai creditori ammontano a 23,5 miliardi, di cui 22,8 miliardi liquidati dal governo Letta e solo 700 milioni dal governo
Renzi.
Era previsto un ulteriore aggiornamento dei dati sul sito del Mef per il 23 aprile, ma non c’è stato. Né sono presenti altri aggiornamenti di maggio e giugno.
Ne deriva che ad oggi, dei 68 miliardi promessi Renzi ha pagato solo 700 milioni. Pari all’1,02%.
b) IL PIANO DA 3,5 MILIARDI PER L’EDILIZIA SCOLASTICA
La seduta del Cipe del 30 giugno 2014 ha sbloccato 400 milioni di euro su 3,5 miliardi promessi. Una percentuale pari all’11,4%. Il Mattinale – 10/07/2014 22
c) LA RIDUZIONE DELL’IRAP PER LE AZIENDE DEL 10%
È contenuta nel Decreto Legge noto come “D.L. Irpef”, lo stesso che contiene il bonus degli “80 euro”. Sul punto sono state rilevate serie criticità dal Servizio Bilancio del Senato prima e della Camera poi. In particolare:
• il minor gettito derivante dal taglio dell’Irap potrebbe essere ben superiore ai 2 miliardi stimati dal governo nel decreto, che corrispondono solo all’8,3% delle entrate attese per il 2014, mentre la promessa riduzione dell’aliquota ammonta al 10%;
• la copertura individuata dal governo (aumento della tassazione del risparmio, che abbiamo visto), risulta essere insufficiente. La stima del gettito derivante dall’aumento della tassazione sul risparmio dal 20% al 26%, infatti, non tiene conto di “possibili effetti sostitutivi che la nuova norma potrebbe determinare nelle scelte di investimento, ad esempio tra attività finanziarie nazionali ed estere”.
d) GLI 80 EURO AL MESE A CHI NE GUADAGNA MENO DI 1.500
Per distribuire una mancia elettorale di 80 euro netti al mese a 10 milioni di persone, a scapito degli altri 31,4 milioni di contribuenti italiani, da quando Renzi si è insediato a palazzo Chigi abbiamo visto:
• il raddoppio dell’imposta sostitutiva dovuta dalle banche con riferimento all’avvenuta rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in loro possesso;
• il taglio delle detrazioni Irpef per chi ha redditi superiori a 55.000 euro;
• l’accorpamento da 3 rate a un’unica rata per il versamento dell’imposta sulle rivalutazioni dei beni aziendali per le imprese, Il Mattinale – 10/07/2014
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con il risultato che molte di esse hanno rinunciato a procedere alla rivalutazione, con relativo mancato gettito per lo Stato;
• l’aumento dall’11% all’11,5% del prelievo sui Fondi pensione;
• l’aumento del bollo auto;
• l’ampliamento della platea di aziende cui si applicano aliquote Irap straordinarie (e che quindi non beneficiano dello sbandierato taglio del 10% dell’Irap);
• l’aumento delle accise su benzina, tabacchi e alcolici per effetto delle clausole di salvaguardia scattate automaticamente in conseguenza del fatto che i risparmi attesi dalla Spending review non si sono realizzati.
Il “bonus Irpef”, che doveva essere il fiore all’occhiello della politica economica di Renzi, ha finito per dare il colpo mortale alla finanza pubblica italiana: è diventato un’imbarazzante bomba sporca a orologeria, con effetti distruttivi ritardati.
Il costo fiscale dell’aumento del potere d’acquisto di alcune categorie (lavoratori dipendenti con redditi tra 8.000 e 26.000 euro) è stato caricato tutto sulle altre (lavoratori autonomi, “incapienti”,
pensionati, vale a dire coloro che più hanno risentito della crisi economica degli ultimi 6 anni).
E, nonostante tutto, il provvedimento non ha prodotto alcun effetto positivo sui consumi, sulle aspettative, sull’occupazione.
È stata una forzatura a beneficio di pochi, che ha indotto la Commissione europea e la Bce a chiedere al governo una manovra correttiva (tra 20 e 25 miliardi), che presto tutti saremo chiamati a pagare.
(Il Mattinale)